«La morte è una seccatura fastidiosa.»
Lo dico ridendo, ma è la mia prima presa di posizione: non un destino, ma un fastidio da superare.
«È come guardare attraverso uno strappo del cielo: ci guardi dentro e vedi.»
Questa immagine dice tutto: l’eternità non è lontana, è un velo che si squarcia in un istante.
«Le maniche delle camicie stirate da mia madre sono un bagliore eterno.»
Trasformo un gesto domestico in rivelazione metafisica. È questo lo sguardo che insegno.
«Lo scrittore è un copertone bucato.»
Un’immagine grottesca e memorabile: da quel buco sfiatano sogni, non aria.
«Il poeta cerca la fama, ma trova la fame. Eppure è fame d’eternità.»
La battuta comica diventa subito metafisica. Io non cerco il pane, cerco la durata.
«I like sono il pulviscolo della fama.»
Pulviscolo che danza: effimero e inutile, ma scintillante. Così funziona la gloria dei poeti.
«Appena sente la parola amore, l’anima entra in panic mode.»
Spiazzante e ironica: ridicolizzo il cliché e mostro come l’anima si annoi davanti alla retorica.
«L’anima è un carpentiere.»
Non più musa eterea, ma operaia. Con casco giallo e cintura di attrezzi.
«Tutto è imbullonato, tutto è incernierato. Se vuoi andare oltre il cielo ti servono i bulloni.»
Il mio correlativo oggettivo: per avvitarmi a Dio ho bisogno di un chiodo.
«Lo scrittore è un cercatore d’oro.»
Non invento la bellezza: la setaccio, la mostro, la offro.
«Se la noia ti annoia, non sei un poeta.»
Il ribaltamento che amo di più: anche la noia è bellezza, se sai guardarla.
«Mutismo contemplativo per osservare la bellezza di una persona noiosa che voleva insegnare ai passeri a volare.»
Qui tocco il punto più alto: trasformo l’aneddoto in epifania poetica.
«A che serve?»
Tre parole di mia madre che hanno trasformato l’ansia in leggerezza. Una vera poetica di vita.
«Era l’età dell’oro degli immondezzai.»
La spazzatura stessa diventa oro letterario. È lo sguardo trasformativo che voglio insegnare.
«La scrittura creativa è fatta di scintille e paglia.»
Semplice e folgorante: l’idea accende la materia verbale.
«Se vedo una pozzanghera, è l’Oceano Indiano.»
Metamorfosi totale dello sguardo. Ecco cosa significa essere incendiato dallo spirito dei poeti.
«Lo scrittore è un secchio sfondato.»
L’immaginazione perde dappertutto. E io mi ritrovo i personaggi che mi scappano addosso.
«L’anima è il sogno di un bullone.»
La mia preferita: il sacro nel triviale. Vertigine e sorriso insieme.
«Il paradiso non sta in paradiso, ma qui, cioè all’inferno.»
Scandalosa e liberatoria: sposta il paradiso sulla terra che viviamo.
«Il poeta guarda la vetrina per vedere il vetro.»
Fulminazione pura: non l’oggetto in esposizione, ma la trasparenza che lo contiene.
«È Dio che ha bisogno di noi.»
Capovolgo la teologia: noi siamo lo specchio in cui l’Assoluto prende coscienza.
«Dio ama il male.»
Provocazione estrema. Fulmina perché obbliga a pensare oltre la morale comoda.
«Le parole sono prostitute sulla Statale 16.»
Immagine ruvida: la lingua venduta e consumata che io devo redimere.
«Uh baffangulo va, quanto c’è bello!»
La parolaccia trasmutata in poesia: nessuna parola è impura se immersa nel contesto poetico.
«La morte è un vizio.»
Non destino, non fato: solo cattiva abitudine. La rovescio in ironia.
«Vorrei essere benedetto da quell’acqua di pozzanghera.»
La pioggia di strada diventa sacramento: ecco la mia fabulatio.
«Vedo solo vita, vita, vita.»
Anaphora martellante: la morte si dissolve nel tripudio di esistenza.
«Tutti abbiamo avuto un chiodo per antenato.»
Il manifesto della mia fratellanza con le cose: siamo parenti del ferro.
«Potrei inviare il cassetto delle posate in Ucraina a difendere il Donbass.»
Surreale e spiazzante: il correlativo oggettivo diventa satira geopolitica.
«Anche i bottoni sono un’armata caotica, ma di pace.»
L’ironia pacifista che trasforma l’oggetto domestico in epica universale.